Le intolleranze alimentari costituiscono un fenomeno che appare collocarsi sempre più come concausa in numerose condizioni patologiche presenti nella nostra popolazione. Con tale definizione si indicano, infatti, reazioni ostili che l’organismo ha nei confronti del cibo e che risultano essere differenti dalle allergie, non esibendo la medesima sintomatologia. Il termine “intolleranza” è largamente adoperato per individuare un insieme di sintomi non altrimenti spiegabili con le tecniche diagnostiche comunemente adottate e non regredibili a seguito di terapie sintomatiche. Un classico equivoco che si presenta parlando di intolleranze riguarda la differenza tra intolleranze alimentari ed allergie. Le allergie alimentari prevedono una produzione massiccia di IgE nei confronti dell’allergene, a ciò segue l’adesione a globuli bianchi che producono istamina che causerà infiammazione, gonfiore dei tessuti, ecc… Con le intolleranze alimentari invece non ha si produzione di IgE, la reazione non è immediata ma cronica (i disturbi possono manifestarsi fino a 72 ore dopo l’assunzione), i sintomi possono interessare qualunque organo o apparato.
A questo proposito vediamo come la Società statunitense di Allergologia ha classificato le reazioni avverse ai cibi.
L’ultima definizione è molto importante perché va al di là del semplice concetto “l’intolleranza alimentare è tutto ciò che non è IgE mediato”. Ma quali sono i fenomeni che starebbero alla base dell’insorgenza delle intolleranze?
Esistono varie ipotesi, le principali sono tre:
Le carenze del primo punto porterebbero ad uno squilibrio della risposta dell’organismo all’ingestione di alimenti e sarebbero dovute alla moderna alimentazione poco ricca in minerali e vitamine in quanto gli alimenti sono molto più raffinati (pensiamo alle coltivazioni intensive ma anche alla carne da macello). Il secondo punto pone al centro del problema la flora batterica intestinale (importanza delle disbiosi) e la sottile pellicola protettiva delle mucose intestinali formata dalle IgA prodotte dalle cellule immunitarie intestinali (il cosiddetto GALT) che compongono il 60% delle cellule immunitarie del nostro organismo. Questa teoria è quella che forse, oggi come oggi, è la più accreditata. La terza teoria è uno dei cavalli di battaglia dell’ecologia clinica. L’uomo moderno è sottoposto a moltissimi agenti stressanti, sostanze chimiche di ogni genere (spesso assunte proprio con alimenti), stress ambientali e così via. Per quanto concerne gli alimenti siamo in presenza di assuefazioni dopo assunzioni ripetute di alimenti, in sostanza siamo di fronte alle intolleranze. Per combattere lo stress l’organismo utilizza gli ormoni della corteccia surrenalica e il sistema ormonale e immunitario sono strettamente collegati tra loro, così come entrambi lo sono con il sistema nervoso.
Ecco che le intolleranze, viste come agenti stressanti, colpiscono principalmente il sistema immunitario (IgA, globuli bianchi) ma in realtà per queste connessioni possono colpire ogni punto del nostro organismo che reagirà in modo aspecifico secondo tre fasi:
La seconda fase è la più importante dal punto di vista delle intolleranze, in quanto può spiegare bene il frequente riacutizzarsi di sintomi noti al paziente nei primi giorni di astensione dal cibo indicato dal test, una vera e propria crisi di astinenza. Quel particolare cibo visto quindi come una sostanza che stimola continuamente l’organismo a produrre ormoni per compensare lo stress, e che una volta tolto porterà ad una crisi. Le condizioni sintomatologiche connesse alle intolleranze alimentari si palesano secondo quadri più o meno lievi caratterizzati da stanchezza, cefalee, nausea, asma, diarrea, meteorismo, dolori addominali postprandiali, infezioni ricorrenti, dolori articolari, riniti, congiuntiviti, e con modificazioni cutanee del tipo di orticaria, pelle secca, eczemi, dermatiti, psoriasi. Sono poi spesso correlate a disordini del peso corporeo con variazioni sia in eccesso sia in difetto. Non sempre le intolleranze alimentari costituiscono la causa unica di tali stati patologici, infatti non sempre c’è relazione diretta fra queste e la condizione di anormalità. In tali casi, esse sono piuttosto da considerare come concause che, abbassando le difese immunitarie, facilitano l’instaurarsi di stati patologici. Per questo motivo, la cura attraverso l’approccio delle intolleranze alimentari dovrebbe talvolta essere seguita da altre di differente tipo. Le condizioni sintomatologiche tipiche delle intolleranze sono infatti comuni a stati alterati dell’organismo già precedentemente presenti, come nel caso di problemi gastro-intestinali di origine organica o forti condizioni di stress, che rendono l’organismo più sensibile, fino a disturbi emotivi che già di per sé indeboliscono le normali condizioni organiche. Il problema alimentare è in questi casi solamente un elemento aggiuntivo e peggiorativo ma non primario. Ciò nonostante, in tali situazioni un’indicazione dietetica nata dai suggerimenti dell’analisi delle intolleranze aiuta al ristabilimento delle condizioni normali sebbene non rimuova la causa principale. I sintomi tendono a manifestarsi tardivamente e per questo motivo i pazienti non riescono a stabilire un nesso di causalità in quanto realizzano una sintomatologia cronica, non necessariamente specifica dell’apparato digerente, legata all’assunzione di cibi che rientrano nell’alimentazione di tutti i giorni. Altre concause che possono facilitare la comparsa di intolleranze alimentari sono attribuibili allo stile di vita. Un’alimentazione non corretta sia nei tempi, sia nelle quantità, sia nella variabilità dei cibi, così come una scarsa masticazione ne facilitano la comparsa. L’utilizzo di antibiotici, allo stesso modo, altera delle condizioni basali.
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